I samurai e il loro codice di condotta
Non è semplice stabilire l’origine dei Samurai, questa stirpe di guerrieri giapponesi è stata per secoli la componente fondamentale di un paese in guerra da sempre. La necessità di formare soldati capaci di dedicare la loro intera esistenza alla battaglia, fu quindi un’esigenza costante per gran parte della storia del Giappone.
La maggior parte del territorio del Giappone era sotto un controllo frammentario da parte della famiglia imperiale, e gruppi etnici rivali confinanti che continuavano ad essere ostili tra loro. Agli inizi del 900 gravi carestie e conflitti bellici resero il Governo centrale impossibilitato a garantire la sicurezza nazionale pertanto i piccoli feudi, in cui era suddiviso il Giappone, vivevano in uno stato di perenne guerra. Per questo motivo i nobili si costruirono i propri eserciti personali richiamando a loro dei guerrieri valorosi e fedeli provenienti dalle campagne e istruiti al combattimento.
I samurai (dal verbo saburau = servire-essere al servizio) inizialmente legati all’antica religione animista scintoista, si dotarono in seguito di un loro codice d’onore. Il codice etico del samurai (bushido = la via del guerriero) era basato sulla filosofia di Confucio, questo codice metteva in evidenza alcuni importanti requisiti:
- Sottomissione all’autorità di genitori, anziani e superiori.
- Sottomissione a norme ed usanze.
- Reverenza per il passato e rispetto per la storia.
- Amore per il culto delle tradizioni.
- Apprezzamento per il valore dell’esempio.
- Prevalenza del vasto apprendimento morale piuttosto che della competenza specializzata.
- Preferenza per una riforma non violenta nello stato e nella società.
- Prudenza, circospezione, ricerca di cicli a medio termine.
- Non competitività.
- Coraggio e senso di responsabilità verso una grande tradizione.
- Auto rispetto durante le avversità.
- Esclusività e meticolosità nel retroterra culturale e morale.
- Formalismo nel trattamento degli altri.
Nel bushido si trovavano elementi confuciani, zenisti, scintoisti. La formazione del samurai ideale fu, quindi, il risultato di varie componenti religiose, filosofiche, sociali, che interagirono determinandone le regole da seguire.
“Un soldato dovrebbe seguire internamente la via della carità ed esternamente quella del coraggio; quindi il monaco impari dal soldato il coraggio e il soldato impari dal monaco la carità“. (Dall’Hagakure: antico libro che raccoglie le regole del bushido)
LE ORIGINI DEL BUSHIDO
Il buddismo zen
Il buddhismo fu introdotto in Giappone dalla Cina nel sesto secolo ed ebbe una grande influenza nella cultura giapponese. Alla fine del Xll° secolo una setta buddhista chiamata Zen si formò in Giappone. Lo Zen ebbe grande impatto sul bushido. Siccome il buddhismo Zen impone disciplina, autocontrollo e meditazione, questa filosofia si prestava bene alla classe guerriera dei samurai. La meta dei praticanti Zen è di raggiungere l’illuminazione (satori). L’illuminazione è vista come la liberazione dalla natura intellettuale dell’uomo, dall’insieme di idee fisse e sentimenti riferiti alla realtà. Si dice che sperimentare l’illuminazione significa essere consapevoli dell’inconscio. Questo è il segreto delle arti marziali nel creare una forte mentalità attraverso la quale il samurai trovava il distacco necessario per affrontare ogni rischio. I due cardini dell’etica del samurai erano l’obbligo del guerriero nei confronti del proprio signore e l’accettazione della morte. Ciò che distingueva i samurai di rango superiore era proprio la correlazione tra la pratica delle armi e l’elevazione spirituale. Il rituale con cui il samurai si affiliava al clan di un signore, rappresentava simbolicamente il destino del guerriero. L’impegno a servire fedelmente il signore veniva scritto su una pergamena con il sangue del samurai. L’atto d’impegno veniva quindi bruciato e le ceneri disciolte in acqua bevute dal nuovo affiliato. Nessuna traccia scritta dunque, ma solo l’obbligo interiore all’assoluta fedeltà verso il signore che era talmente forte da comprendere anche il suicidio, non solo per punizione, ma anche come forma di suprema deferenza.
Confucianesimo
Il confucianesimo si è sviluppato nel corso di due millenni a partire dagli insegnamenti del filosofo kongfuzi (551-479 a.C.), conosciuto in occidente col nome latinizzato di Confucio. Egli creò un sistema rituale e una dottrina morale e sociale, che si proponeva di rimediare alla decadenza spirituale della Cina, in un’epoca di profonda corruzione e di gravi sconvolgimenti politici. Confucio non volle mai trattare questioni soprannaturali che trascendessero l’esperienza umana. Nel confucianesimo non c’è alcuna ricerca di liberazione o salvezza dell’anima o unione con Dio e questo rende difficile considerarlo una religione, se non in senso sociologico.
Oltre che in Cina, il confucianesimo ha esercitato un’influenza grandissima anche in Giappone. Quando i samurai divennero parte della classe sociale più alta, non erano solo guerrieri ma avevano anche ruoli di governo. Un’educazione per samurai fu sviluppata per fornire abilità appropriate per una carriera in tal senso. Ci si aspettava da loro attitudini morali di un certo livello nel caso prendessero parte attiva nel governo. Di conseguenza furono realizzate molte scuole dallo shogunato (governo militare) e dai singoli domini feudali per dare la possibilità di imparare e apprendere le idee confuciane.
Un samurai deve coltivare non solo le sue abilità di guerriero ma anche la sua mente e il suo carattere. Il Confucianesimo fiorì con il supporto della classe samurai e concetti come lealtà e umanesimo gradualmente si diffusero dai samurai al pubblico con il risultato di avere forti credenze confuciane nel Giappone moderno.