I bottegai fiorentini
“Non si finisce mai di imparare”
(saggio popolare)
La formazione è un vastissimo mondo che ha inizio con la nascita dell’uomo e non potrà avere una fine. Formare e soprattutto formarsi richiede del tempo tecnico, per assimilare e comprendere. La formazione infatti non è un insieme di nozioni contenute in un cassetto ma, al contrario, è il risultato di un piano formativo organico che tende a strutturare, solidificare e rinforzare in maniera completa. Questo vale sia sotto il profilo della struttura delle cose che sotto il profilo delle persone. Ogni cosa nasce grazie ad una formazione e si migliora verso un percorso continuativo. Apprendere continue nozioni è fondamentale e solo lavorando sulla propria persona, assieme agli altri, si riescono a cogliere e mettere alla luce parti vincenti al momento insabbiate dalla quotidiana routine e dall’attuale società. Prima di noi molti “Grandi” sono stati formati lasciando un segno indelebile nella storia dell’uomo.
Il primo articolo della serie “La formazione nella storia” ci accompagna in un viaggio a ritroso per cogliere l’essenza dell’intramontabile formazione dei BOTTEGAI FIORENTINI accanto ai quali troveremo i pilastri dell’arte italiana. La bottega stessa è un culto, un luogo dove l’allievo supera il maestro, dove nasce il vero talento fiorentino e dove si costruisce il futuro.
L’artigianato fiorentino è un’arte che si tramanda di generazione in generazione come un tempo i veri maestri lasciavano ai figli la loro sapienza. I piccoli consigli, segreti, accortezze costituiscono la differenza e solo una forte istruzione, finalizzata e attenta può cogliere i dettagli e trasformarli in vittorie.
La tecnica nasce attraverso un apprendistato ricco di pratica e spiritualità. I bottegai fiorentini vivevano di tradizione aumentando di anno in anno la loro conoscenza per arrivare a rivivere ancor oggi in una forte cultura.
Le botteghe artigiane fiorentine sono le eredi di una tradizione plurisecolare che affonda le proprie radici nella città medioevale e rinascimentale. Botteghe che, attraverso lente trasformazioni sono giunte fino a noi mantenendo pressoché inalterate tecniche esecutive e pratiche manuali che solo in minima parte sono state sfiorate dalla civiltà industriale. Le molteplici attività artigiane che si svolgevano nelle botteghe fiorentine fin dal Medioevo: botteghe che erano collegate in tutto il tessuto urbano con una particolare concentrazione nella zona della piazza del Mercato Vecchio che era il cuore commerciale della città.
Tra le numerosissime attività collegate alla realizzazione di manufatti artistici o riconducibili alle arti applicate, questi censimenti elencano acciaiuoli (affilatori), brunitori, fabbri, fonditori, ottonai, vetrai, pellicciai, calzolai, ricamatori, tessitori, tappezzieri, battilori (lavorazione metalli preziosi), doratori, gioiellieri, intagliatori, miniatori, orafi, oriolari (orologiai), smaltatori, tarsiai (intarsiatori), legnaioli e molti altri.
Le discipline sono molto diverse ma ci sono dei ruoli ben precisi in ognuna di esse; l’organizzazione del lavoro è essenziale come deve esserlo seguire il maestro. Tramite la dote vi è la nascita del genio ma la costanza e lo studio sono caratteristiche fondamentali. La lavorazione del ferro in particolare ha radici lontane: battere il ferro, lavorare i metalli per realizzare oggetti d’arredo, trasformare la materia grezza in raffinato oggetto è un’arte per cui la città di Firenze oggi è conosciuta in tutto il mondo. La Corporazione dei Fabbri è una delle più importanti e ricche nella Firenze Rinascimentale: nella bottega del fabbro si apprende l’arte di battere il ferro come nella bottega del grande artista si impara a dipingere, nella rispettosa e consapevole certezza di creare, con le mani e con l’ingegno, un qualcosa di unico e irripetibile.
Durante il periodo del Rinascimento passarono i più grandi nomi della pittura, della scultura e dell’architettura. A Firenze sono inoltre nati artisti del calibro di Giotto, Cimabue, Brunelleschi, Donatello, Botticelli, Ghiberti, Masaccio, Beato Angelico, Verrocchio, Ghirlandaio del Castagno, Lippi della Robbia per finire con gli illustri Michelangelo e Leonardo Da Vinci. Con loro a Firenze vissero anche i maggiori esponenti della poesia dl tempo; nomi importanti della letteratura come Dante, Boccaccio Villani, Gucciardini, Poliziano e Macchiavelli. La seconda metà dell’Ottocento e gli inizi del Novecento furono un’epoca di grande fortuna per le botteghe artigiane fiorentine: è il periodo in cui l’aristocrazia e l’alta borghesia europea, come reazione all’avanzata della nuova società industrializzata, riscoprono l’artigianato italiano in gran parte ancora legato ai processi di lavorazioni tradizionali. L’evoluzione delle tecniche era pressoché fondamentale, i tempi cambiano ed esse sono in continua mutazione. Le botteghe fiorentine sono chiamate dunque a riproporre il proprio glorioso passato realizzando copie di famosi capolavori del Rinascimento o producendo oggetti in stile, dal mobile al soprammobile. La produzione artistica fiorentina diviene famosa per i lavori realizzati ad intaglio e intarsio in stile antico, per i bronzi artistici, le oreficerie, le porcellane e le maioliche, gli arredi in marmo e pietre dure: produzioni che vengono premiate nelle più impostanti esposizioni nazionali e internazionali per il loro alto valore artistico e per le loro qualità tecniche ed esecutive.
Per quanto riguarda la formazione tecnica degli artigiani, questa avviene sempre all’interno delle antiche botteghe, ma fin dall’epoca delle grandi riforme lorenesi, erano nate istituzioni con lo scopo di impartire un’istruzione artistica finalizzata alla formazione degli artisti, degli artigiani e delle maestranze specializzate.
Nel 1784 era stata fondata l’Accademia di Belle Arti, alla quale si poteva accedere liberamente senza alcun esame: generazioni di artigiani attivi nell’Ottocento si formeranno un bagaglio culturale e artistico frequentando proprio i corsi dell’Accademia. Per la sezione scientifica lì apprese parte del suo sapere Galileo Galilei. Molti furono i nomi illustri che donarono all’Accademia loro opere di prestigio, un esempio può essere il noto David di Michelangelo.
La formazione di Michelangelo Buonarroti ha inizio nel 1488 quando all’età di tredici anni entrò nella bottega di Domenico Ghirlandaio, considerata una delle più importanti di Firenze, “per imparare a dipingere”.
Dopo appena un anno, anziché tre com’era stato stabilito in precedenza, Michelangelo abbandonò la bottega. Nel corso del suo apprendistato, dimostrando un precoce talento e un’indipendenza dal maestro che, a quanto pare, era piuttosto invidioso, il Buonarroti eseguì copie di alcuni celebri cicli di affreschi: da Giotto nella Cappella Peruzzi in Santa Croce a Masaccio nella Cappella Brancacci della Chiesa del Carmine. La “Madonna della Scala” chiarisce i termini entro i quali l’artista svolse il suo apprendistato non meno importante però della “Bottega dei centauri”: l’invenzione e l’imitazione, una frutto di una personalità artistica innata e già dirompente per senso critico e libertà intellettuale, l’altra materia di studio fondamentale in tutte le botteghe artistiche quattrocentesche. Questi studi dimostrarono che Michelangelo cercava i suoi maestri tra i grandi pittori del passato fiorentino. Oltre a Giotto e Masaccio, un altro artista che egli prese come modello fu Donatello. I nomi che hanno scritto la storia sono diversi ma ad ognuno di loro è possibile ricollegarne un maestro come per Michelangelo fu Ghirlandiaio per Giotto fu Cimabue e per Leonardo Da Vinci fu l’amico del padre Andrea Del Verrocchio dove l’artista poté compire il suo apprendistato accanto a futuri artisti del calibro Botticelli, Ghirlandaio, Perugino e Lorenzo di Credi, già frequentanti la bottega di Verrocchio da prima dell’ingresso di Leonardo. Con la nascita delle industrie vengono aperte anche delle scuole professionali di arti e mestieri promosse dalla Camera di Commercio e dagli industriali per preparare personale specializzato.
Una delle prime scuole del genere in Italia sarà la Scuola preparatoria d’intaglio e altri arti professionali, istituita nel 1869 nei chiostri di Santa Croce e successivamente spostata nelle ex scuderie reali di Porta Romana. Questo istituto ha effettivamente avuto per decenni un ruolo decisivo per la formazione delle nuove generazioni di artigiani, che hanno quindi unito ad una solida preparazione scolastica il tradizionale e fondamentale apprendistato presso i maestri di bottega.
Le botteghe artigiane sono state per secoli luoghi pulsanti di attività dove l’apprendista imparava il mestiere giorno per giorno a stretto contatto con il maestro, fino ad acquisire le conoscenze tecniche e manuali ed i segreti del mestiere. Erano luoghi in cui di pari passo all’istruzione professionale l’allievo imparava anche una filosofia di vita basata sul valore e sulla dignità del lavoro, che privilegia la qualità alla quantità e che fa dire ancora ad alcuni artigiani che “l’opera che si esegue, prima ancora di soddisfare il cliente, deve soddisfare chi la fa”.
Le botteghe artigiane inoltre sono state il vero tessuto connettivo della città: luoghi di incontri, di scambi di idee, custodi della tradizione e centri di produzione e di manufatti esemplari per valenza estetica e qualità esecutiva. In un contesto internazionale di globalizzazione adesso più che mai è fondamentale capire l’importanza di questa grande tradizione che costituisce l’anima stessa della città.